Ad Ayrton
Le immagini le ho ancora nella mente: all’epoca avevo 19 anni e per me eri un campione.
Non solo nella tua disciplina, in cui riuscivi sempre ad emergere come tale, ma anche nella vita reale.
Mai una parola fuori posto, sempre leale, altruista ma soprattutto umile.
Io credo che l’umiltà sia la forza maggiore di una persona in tutte le situazioni.
Perché ti permette di migliorarti, di trovare il difetto e di correggerlo, di trovare una piccola dote e di esaltarla, ti permette di trattare con gli altri allo stesso livello. È come quando dobbiamo parlare con un bambino che siamo soliti abbassarci al loro livello per far sì che comprendano meglio e che non si sentano richiamati.
L’umiltà ci permette di non doverci autodichiarare bravi ma quanto piuttosto attendere che siano gli altri o i fatti a proclamarlo, il che ha sicuramente molto più valore.
Sempre pronto a ringraziare Dio, per tutti i passi compiuti nella propria vita, fino all’ultima sera.
Io me lo ricordo ancora quando la tua auto incontrò il muro di quella curva. Eravamo a pranzo dai nonni, come ogni domenica, e le immagini furono un lampo a ciel sereno. La voce dello speaker l’avevo persa non appena vidi il tuo capo d’un tratto chinarsi su un lato.
Di lì a qualche ora arrivò l’ufficialità della tua partenza verso il tuo Dio. Quel Dio che tu ringraziavi e lodavi sempre. Forse ti aveva voluto accanto a se perché potessi regalare i tuoi rari, ma avvolgenti, sorrisi ai cittadini del suo mondo.
Forse voleva che corressi lungo le strade del suo cielo facendo divertire ed emozionare i suoi abitanti.
O forse voleva solo proteggere quella sua creatura così sensibile.
Le domande servono a ben poco.
Ciao Ayrton!
RDI
1 maggio 2020
Foto dal web
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