Fatalità

Ecco la mia vita.
É dipinta su un muro scrostato dove qualcuno ha precedentemente scritto “Non vedo l’ora che questa giornata sia finita”; chissà quanto amaro avrà assaporato o quanto dolore avrà accumulato quella mano che ha trovato la forza per rendere indelebile una frase così. 
Mano ferita, mano che voleva urlare al mondo la sua disperazione, mano che ha imbrattato un muro, mano che ha sfidato la notte e gli “omini” che vigilano: bel modo di rompere le righe, di sfidare il mondo senza rischiare troppo.
Mi fossi limitato anche io a minacciare la vita così, forse ora mi ritroverei ai piedi di un muro di cinta di un palazzo di periferia, a ridere con i miei amici di una frase scritta con i miei probabili errori grammaticali, invece avevo fame. 
Fame di sfidare il mondo intero e lui, lui si è vendicato e mi ha flagellato con la spada del muro, un muro che mi è venuto incontro, che ha strozzato la mia caparbietà ed ha fratturato quel mio sentirmi invincibile.
Pensavo di scamparla anche stasera, di riuscire a tornare, tra curve un po’ raddrizzate e rettilinei un po’ incurvati, sotto il portone di casa e ritrovarmi a maledire i gin tonic di troppo nel tentativo di inserire la chiave. 
Mi sentivo invincibile anche questa notte, fino al punto di vedermi già costretto a subire lo sguardo di rimprovero che è solita infliggermi mia madre la domenica vedendomi entrare assonnato in cucina mentre lei è già intenta a preparare il pranzo che consumeremo di lì a poco.
Sguardo di rimprovero alimentato dal fuoco della protezione ed estinto dall’acqua della rassegnazione.
Negli anni ha imparato che non cambia chi non vuol cambiare.
Ed eccomi qui, sconfitto nella mia guerra dopo aver vinto mille battaglie, disteso su un asfalto consumato, mentre ansimo alla ricerca di pietà, di rimpianti, di rancori lasciati marcire nel profondo della mia anima, un’anima che ho nutrito di presunzione, che ho sorretto con le travi di una cementata idea secondo cui la vita è intrisa di fatalità.
Il freddo che riempie il corpo di questa notte ha annegato le mie convinzioni: questa scena non è stata disegnata dalla mano del fato.
Ho dipinto io questo quadro di vita, sono stato io ad aver imbrattato con il sangue le pareti di un anonimo muro su cui qualcuno ha espresso precedentemente un pensiero.
Sangue che alita l’alcool ingerito, che risuona l’alto volume di una musica, che erutta l’erba fumata.
Non si tratta di fatalità, si tratta di volontà: volontà di disubbidire, di voler rompere le righe, di voler osare, di voler sfidare il mondo e chi l’ha creato.
La luce che intravedo mi umilia ... é la certezza che Dio esiste e mi chiedo semmai l’avessi pregato, semmai l’avessi ascoltato, semmai l’avessi ingoiato senza poi uscire a prenderlo in giro ... semmai!
I pensieri si spezzano al suono delle sirene che si avvicinano.
Vogliono salvarmi così come voleva fare mia madre con i suoi sguardi ma la luce è più veloce e non c'è nemmeno più il tempo per chiedere scusa, per dire ... ho sbagliato. 

RDI 



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