SMPE



Foto realizzata da Fabrizio Giammarco 

Qualche mese fa, da un post su Facebook, ho appreso di un concorso letterario dedicato ad Ovidio. Erano anni che nella mia mente navigava la nave di romanzo che parlasse del sommo poeta, magari riportato ai giorni nostri . 
Ho voluto "bruciarmi" la possibilità di scriverne un romanzo, presentarlo in un breve racconto per festeggiare il Bimillenario del grande Publio Ovidio Nasone. 
Di quel concorso non si è saputo più nulla.
A me resta comunque la "maternità".
Giorni fa ho acquistato il nuovo libro di Alessandro D'Avenia (uno scrittore che riesce a trasmettermi innumerevoli emozioni).
In questa sua nuova avventura letteraria cerca di rispondere alla domanda: "L'amore salva?", attraverso le vite delle donne del passato riferendosi sempre all'archetipo di ogni storia d'amore: Euridice e Orfeo. 
Ed ecco che Ovidio torna a bussare alla porta della mia vita ed ho così deciso di aprirgli offrendogli quelle misere parole che sono riuscita a scrivere per lui ... senza sapere se davvero, un domani, possa regalargli anche quel tanto auspicato romanzo.


SMPE: Sostienimi, Mio Poeta Eccelso.

Parcheggio l’auto in Piazza Garibaldi mentre i primi riflessi della luce del giorno si affacciano dalla sagoma del Morrone.
Appoggio la testa sul volante con la convinzione che possa aiutarmi a sostenere il peso dei pensieri.
Una notte di inferno sta per cedere il passo ad un giorno che si preannuncia peggiore.
Avrei potuto dirle “Lasciamoci”, ma non avevo il coraggio e così ho messo su un teatrino di ignobili comportamenti e di stupide bugie che hanno indotto Asia a stancarsi e a smettere di amarmi, a troncare il nostro Noi che ci lega da dieci anni.
Mi ha lasciato circa dieci giorni fa: “Trovati un altro posto ed esci fuori di casa”.
Non me lo sono fatto ripetere due volte.
Mi sono messo alla ricerca di un appartamentino ad hoc, dove ieri ho traslocato con tutto ciò che mi apparteneva e per la prima volta dopo molti anni mi sono ritrovato a godere, egoisticamente, di ciò che amo fare e a cui ho spesso rinunciato per rispetto e per par condicio: se sceglievo il ristorante lei automaticamente sceglieva il film da vedere, un giro in moto in cambio di una passeggiata per shopping. 
Compromessi, futili compromessi che mi soffocavano, mi spezzavano il fiato.
Ma ieri sera ero libero: libero di fare tutto quello che desideravo. 
Leggere un giornale mentre l’olio della pizza scolava sul titolo della prima pagina, ruttare, cantare, scegliere uno stupido programma in televisione senza dovermi creare il problema di “insegnare la maleducazione ai bambini”, “parla piano sennò li svegli” o “lasciami parlare sennò non capisci”.
Eppure … mi sentivo vuoto. 
Spento.
Mi sono infilato nel letto con un senso di malinconia che non provavo dai tempi del militare.
E mi mancava persino quel russare di Asia.
Alla fine non ce l’ho fatta. 
Mi sono vestito e sono venuto sin qua.
Scendo dall'auto ed esalo l’aria fresca che aleggia nella mia Sulmona. 
Alzo lo sguardo sull'acquedotto ed assorbo la strana sensazione di desolazione che il Corso Ovidio partorisce alle prime luci dell’alba.
Mi abbandono lungo il viale ricoperto dai sanpietrini alla ricerca di un’umile consolazione che possa alleggerire il mio essere.
“Beato te, mio caro Ovidio” esclamo non appena lo intravedo a dominare Piazza XX Settembre, intento come al solito a pensare.
Mi siedo sul basamento di marmo e provo a ricucire l’anima che ho ridotto a brandelli. “Mio caro Andrea, gli anni sono trascorsi da quei lontani giorni in cui ti vedevo uscire con lo zaino Invicta sulle spalle dal portone di questa Piazza, o quando eri solito stare qui ai miei piedi, circondato dai tuoi amici, eppure la tua maturità sembra essere cresciuta solo nella fisicità. Se avessi letto davvero i miei testi, oggi sapresti che: sarai triste se sarai solol’amore non dura se togli ogni lottasii amabile se vuoi essere amato e spogliati dell’orgoglio, tu che desideri godere di un amore durabile. Potrai vagare alla ricerca delle emozioni che ti faranno battere il cuore ma con il trascorrere del tempo, tutto sarà svanito. L’amore, mio caro Andrea, è costanza, pazienza, rispetto, è prendersi cura dell’altro, è annullarsi qualche volta, per dare qualcosa in più, come dice quel tizio che ascoltavate nel bar alle mie spalle”.
Incredulo lo guardo mentre mi appoggia una mano sulla spalla, fa leva sul mio corpo per issarsi sul basamento e con estrema disinvoltura riprende la posizione bronzea ideata da Ferrari. 
Mi alzo di scatto mentre un brivido mi percorre il corpo con il timore di essere diventato un visionario.
La mano destra, quella in cui conserva la sua penna, si scosta dal suo mento e aggiunge un “Ricorda: saper conservare le cose è qualità non inferiore a quella che serve per metterle assieme.
Mi guardo intorno alla ricerca di un testimone che possa aver assistito a questa eclatante discesa del Sommo Poeta ma Sulmona è ancora deserta.
Ancora stupito riprendo la via del Corso quando a un tratto sento una voce che mi chiama.
Mi volto e lui è lì, accanto a quella vetrina che per anni ha ospitato un negozio di articoli sportivi: “Dimenticavo: ringrazia chi si prende cura di me e di’ loro che mi piacerebbe tornassero a vivere questa piazza così come accadeva un tempo”, mi urla per poi sparire dal mio visus quasi correndo.
Sorrido pensando a cosa direbbero i miei amici, quelli con cui mi incontro al sabato sera per un aperitivo al bar, gli stessi con cui condividevo i miei pomeriggi adolescenziali ai piedi del nostro Nasone che spesso interpellavamo scherzosamente nelle nostre chiacchiere.
Mi prenderebbero per pazzo o forse lo sto diventando.
Arrivo all'altezza della fontana del Vaschione e dagli archi, da cui si intravede un piccolo bagliore del sole che sta nascendo, vedo apparire lei, la donna che devo riconquistare, la donna che ho perso a causa della mia immaturità, del mio essere uomo anagraficamente, ma non ancora mentalmente.
Mi fermo timoroso che possa urlarmi il suo ragionevole odio.
Lei non cede al suo passo, continua a camminare nonostante io mi sia fermato e avanza fino alla mia figura.
Mi aspetto che mi prenda a schiaffi e invece pronuncia solo il mio nome: “Andrea”.
Mi sveglio sudato.
Mentre mi dirigo in cucina ricordo alla perfezione la litigata di ieri sera, quella che abbiamo avuto perché le dicevo che mi sentivo poco libero di scegliere, perché non potevo fare tutto quello che a me piaceva fare.
Varco la soglia della porta nel preciso istante in cui lei sta versando il caffè.
“Scusa”, le dico abbracciandola a me, “so di essere un tantino egoista ma ti prometto che cambio, perché non voglio e non posso perderti”.
Lei si discosta quasi incredula, ignara di cosa sia accaduto al suo orgoglioso uomo poco maturo con cui era andata a dormire ieri sera senza nemmeno dirsi buonanotte.
Le sorrido e la stringo di nuovo a me mentre dal frigo quella calamita con l’immagine di Ovidio mi strizza l’occhio.










Commenti

  1. 𝐒pendi
    𝐌agicamente
    𝐏regevole
    𝐄ccellenza

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  2. 𝐒plendi
    𝐌agicamente
    𝐏regevole
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